La ricostruzione mammaria post mastectomia è una scelta che spetta alla paziente e viene eseguita dal chirurgo plastico
Il nostro oncologo, Dott. Franco Girelli, ci parla della ricostruzione mammaria in seguito alla mastectomia radicale.
La ricostruzione mammaria è un tipo di chirurgia indicata nelle donne che, dopo la diagnosi di tumore, vengono sottoposte ad asportazione della mammella (mastectomia). Il chirurgo ricostruisce la mammella tenendo conto della posizione e delle dimensioni della mammella controlaterale. Il capezzolo e l’areola mammaria possono essere aggiunti successivamente.
Le donne sottoposte ad asportazione parziale della mammella per mezzo di un intervento detto quadrantectomia – rimozione del quadrante in cui era presente il tumore – oppure nodulectomia – rimozione del solo nodulo mammario -, di solito non necessitano di ricostruzione in quanto gran parte della mammella viene conservata.
Negli ultimi anni gli interventi chirurgici conservativi della mammella sono migliorati sia dal punto di vista estetico che funzionale: talvolta riesce difficile distinguere la mammella operata da quella controlaterale non operata. Fondamentale è l’abilità del chirurgo, ma anche la posizione del tumore gioca un ruolo non trascurabile nel buon esito estetico dell’intervento. La scelta di sottoporsi ad una ricostruzione mammaria spetta alla paziente e viene eseguita da un chirurgo plastico.
Le ragioni per richiedere una ricostruzione mammaria sono differenti:
- Ribilanciare il peso della mammella non operata
- Riacquistare definitivamente la forma naturale del seno
- Non accettare una protesi esterna
- Essere in armonia con il proprio corpo
È dimostrato che la ricostruzione mammaria nella paziente sottoposta a mastectomia radicale migliora l’immagine di sé. Talvolta l’intervento non copre le aspettative che la donna si era posta. È pertanto indispensabile parlarne a fondo con il chirurgo plastico prima di sottoporsi a questo tipo di intervento. La ricostruzione mammaria non sempre si conclude in un unico atto operatorio, perchè talvolta richiede più interventi.
Gli impianti al silicone sono i più utilizzati. La maggior parte degli studi hanno dimostrato che questi impianti non aumentano il rischio di creare problemi al sistema immunitario. La FDA (Food and Drug Administration), l’ente americano che si occupa di validare i farmaci e gli impianti protesici, ha approvato gli impianti al silicone a partire dal 2006.
In genere l’intervento si svolge in due tempi: prima si posiziona sotto la cute, a diretto contatto con la parete toracica, un espansore che progressivamente “distende” la cute permettendo in un secondo tempo di posizionare la protesi. L’espansore può essere irradiato se la paziente deve essere sottoposta ad un trattamento radioterapico senza creare particolari problemi.
La ricostruzione del capezzolo
La ricostruzione dell’areola o del capezzolo richiede un successivo intervento chirurgico. Solitamente viene eseguita circa tre o quattro mesi dopo il primo intervento. Il tessuto viene in genere prelevato dal corpo stesso della paziente.
Il colore imbrunito del capezzolo si ottiene mediante un tatuaggio. Per molte pazienti è sufficiente tatuare un nuovo capezzolo sulla cute che riveste la protesi per riacquistare più fiducia nel proprio corpo e superare con più facilità il trauma.
del Dott. Franco Giuseppe Girelli, Oncologo e Radioterapista di LILT Biella